La paesitudine é uno stato mentale, un sentimento e una poesia insieme.
Se non hai mai vissuto in un paese , forse neanche immagini cosa possa essere..un paese piccolo intendo, non certo un paese che fa di tutto per riempirsi di modernità importate a forza, che sovente, rinnega e spreca la propria poesia.
Non si riesce a spiegare a parole, si può solo sentire, e poi ricordare, e infine , sentirne la mancanza.
Si, sentire la mancanza di quei profumi di caminetto, di legna comprata ad agosto e accatastata in cortile per l’inverno, di semola da impastare, di zucchine fritte che esce dalle case e di rugiada al mattino, perché sui muri di pietra la rugiada ha un profumo bellissimo. Ah, anche la pioggia ha un altro profumo in paese.
E di suoni di zoccoli di cavalli che riecheggiano per strada, di campane e di conversazioni in dialetto.
Abitare in un piccolo paese, uno di quelli che abbiamo noi qua nell’isola, e sentirsene parte é alla base della più genuina e salutare forma di comunità attiva e rassicurante .
Dovrebbe essere una materia di studio esperienziale da insegnare, da condividere a scuola, perché è parte integrante della nostra storia evolutiva, della nostra cultura di popolo. Dovrebbe essere buona abitudine trascorrerci almeno un mese all’anno. Una terapia efficace contro la diaspora dei valori identitari e della semplicità dell’essere.
Il fattore tempo e il fattore spazio, hanno connotazioni diverse. Il concetto di stress, di non-trovo-parcheggio, non pervenuti.
Il cibo ha dei gusti inimitabili.
E gli occhi della gente tutti da fotografare.