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I dolci quartesi delle feste

Si é appena conclusa la festa patronale di Quartu Sant’Elena e il profumo di mandorle e zucchero qui é ancora nell’aria. In occasione delle feste popolari, dei matrimoni e battesimi, in tutta l’isola si preparano dei dolci che hanno pochi e semplici ingredienti antichi in comune, con il protagonismo di mandorle, zucchero, miele e aromi come cannella e agrumi, ma con ricette, modalità e decorazione sopraffina che solo le maestre di ogni paese possono realizzare.

Oggi vi porto con me a Quartu Sant’Elena nel negozio di dolci delle sorelle Piccioni: a pochi passi dalla chiesa della patrona della città , Sant’Elena, un luogo storico, un punto di riferimento, un piccolo museo attivo di tradizione e vocazione che ho sempre conosciuto esattamente così da quando ero piccola.

Quella vetrina in legno, anche da chiusa emana profumi di vaniglia mandorle e cannella che inondano la strada antistante. Sono entrata, intenzionata a comprare qualche dolce per la pausa caffè in studio, ma la signora mi ha regalato un vassoio di ogni ben di Dio.

In realtà credo si sia accorta della mia faccia da Gretel, la famosa sorella di Hansel, appena ho messo piede nel suo negozio, fatto due passi su quei tappeti sardi appoggiati sui pavimenti di graniglia, ho puntato la vetrina adorna di pizzi fatti all’uncinetto e carta velina rosa intagliata, e lì, la mia reflex emozionata, ha cominciato a scattare da sola.

La signora Piccioni mi accoglie con un sorriso, mi accarezza una guancia e mi offre delle palline tiepide di pasta di mandorle da un vassoio di peltro,

palline morbide appena fatte che di lì a poco sarebbero state plasmate per diventare gueffus, candelaos e scarpette decorate, mi ha spiegato. Come queste in foto..

Mi ha raccontato di quando li ha preparati per Dolce e Gabbana e di quante interviste e articoli sui giornali vedano protagoniste lei la sorella e la nipote che gestiscono l’attività , mi ha anche fatto assaggiare le ciambelline alla cannella più friabili del pianeta, impastare con una tecnica speciale, a mano,

e mostrato le foto color seppia della loro mamma cui devono tutta la loro arte. Raccontava e decorava contemporaneamente tenendo tra le dita la sua piccola sac a poche, grande quanto un peperoncino calabrese e non di più, per adornare di glassa reale tutti i dolcetti prodotti. Il dolce più semplice é chiamato durche de su poburu (dolce del povero, ed è il meno decorato e di grosse dimensioni),

il dolce più sofisticato invece, quello da donare al sindaco, o al dottore del paese: un intero salottino sfarzosamente decorato come questo:

Carina, entusiasta, dice con passione e leggerezza di essere invecchiata là, in quel laboratorio di gioiellini per le feste, sorridente e piena di verve, nella sua divisa bianca e rosa esattamente come la vetrina, in nuance con i gueffus, quei dolcetti chiusi nella carta velina sfrangiata come caramelle antiche, che tutti voi, se siete stati almeno una volta in Sardegna avete assaggiato a fine pasto. E se non l’avete ancora fatto ora sapete cosa cercare…

Ecco un Collage-video per riassumere :https://www.robadanatti.com/2018/09/19/quartu-santelena-i-dolci-della-festa/

Ne parla anche Cristiana Grassi in un contributo del Gran Tour per la associazione italiana Food Blogger di cui sono socia, ecco il prezioso articolo sul sito dell’ Aifb

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Su Pratt’e Cassa, cucina di una Sardegna antica.

Letteralmente “piatto della caccia” , in realtà una pentola usata anticamente per cuocere la cacciagione, ma perfetta anche per pesci e verdure, a fuoco lento, sulla brace.

I pastori lo portavano con sé, lo legavano all’asino, ci raccontano, e al bisogno diventava una comodissima pentolaapressionepuntozero, e anche un piatto, anzi due: la base e il coperchio. Esempi di tegami a cottura lenta sulle braci li abbiamo anche in altri paesi mediterranei, la cottura nella Tajine tunisina é molto simile sebbene si tratti di un manufatto in coccio, o anche la Cataplana, un tempo in ferro, in rame e oggi prodotta in alluminio in Portogallo. In Sardegna, viene ancora realizzato a mano da qualche artigiano (come Luigi Pitzalis per esempio a Isili ) che tiene viva la sua tradizione e utilità : il rame in cottura ha il merito di tenere omogenea la temperatura su tutta la superficie del tegame apportando un vantaggio sorprendente al cibo, che non va neanche girato, si tiene chiuso tra le due calotte bombate di questa navicella spaziale, e lentamente si cuoce.

Gli aromi e i profumi, in quel lento lavorìo, restano dentro al cibo cui appartengono , amalgamandosi gli uni con gli altri. È qui che ho conosciuto questa pentola : un pranzo da DomuAntiga, a Gergei, un grazioso paese nel cuore del Sarcidano,

dove i proprietari, che usano questi tegami da sempre, hanno deciso di farceli conoscere durante uno Slow-cooking-show. Hanno preparato un menù di bontà locali meraviglioso.

Tutto cucinato in una decina di Pratt ‘e cassa: dalla fregola (mai mangiata una fregola così buona, credetemi ), alle verdure in ratatouille , il pollo ripieno, l’agnello, il cavolo intero stufato e aromatizzato, le patate, il piccione e le trote del fiume qua vicino.. E molto altro. Un ricco pranzo dai sapori antichi. Noi commensali tutti deliziati dalla genuina semplicità e dai suoi effetti speciali.

Presente anche il Tg di Videolina , per parlare di questo caratteristico e antico utensile, dalle meravigliose potenzialità eppure così antico.

Come ho fatto a non conoscere prima questo prezioso Pratt’e Cassa? …? Ora ovviamente me lo voglio comprare, farò spazio in credenza, nella mia piccola cucina perché davvero merita un posto d’onore.

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Pizza summer project

Volevamo una pizza home-made che anche senza il forno a legna nè un forno professionale ci desse il gusto di averla fumante  a casa e con ingredienti scelti da noi, sani e digeribili, da farcire freestyle o gourmet come va tanto di moda adesso, con solo lievitomadre,  da cuocere in vacanza , anche in minifornetto quindi, e velocemente, che la sera mi svolta il *cosapreparopercena*, che piacesse ai bimbi, con una mollica carnosa alveolata e soffice

 e a lunga, lunghissima  lievitazione. Insomma una pizza con queste caratteristiche, perfetta anche per il progetto Impasti Urbani, come molti ci chiedono, (associazione che curo con una socia di cui vi parlo in bio nell’home page del blog :Su di me) ed eccola qua. Un successone, graditissima subito da calda e apprezzata anche la fettina fredda rimasta. 

Ho preparato tre pizze tonde per una teglia con diametro da 24 cm , vi do la dose per una pizza che é bella nutriente e poi vi regolate voi.

Ingredienti per una pizza:

150 gr di farina (120 gr farina Multicereali e 30 gr Integrale bio AlceNero)

50 gr di lievito madre rinfrescato da 4ore

130 gr di acqua

4 gr olio evo

4 gr di sale

Per la farcitura di queste in foto abbiamo usato semini di sesamo, della scamorza tagliata a quadratini , sugo di pomidoro e pomodorini cherries dell’Alcenero)

Iniziamo dall’impasto:

setacciamo le farine, aggiungiamo quasi tutta l’acqua piano piano e impastiano a mano. Aggiungiamo la dose di lievitomadre a poccoli pezzetti e continuiamo a impastare. Appena otteniamo un composto liscio ed elastico lo lasciamo riposare per 30 minuti per non surruscaldarlo con le nostre mani.

Trascorsa una mezz’ora inseriamo sale e olio amalgamare bene fino a completo assorbimento , l’impasto dovrebbe presentarsi morbido elastico e idratato, non troppo solido;  lasciamo riposare in ciotola per un’oretta, dopo aver massaggiato la superficie dell’impasto con dell’olio d’oliva  per evitare che si asciughi . 

Trascorsa unoretta lo trasferiamo in frigo coperto ermeticamente con coperchio o pellicola e lo teniamo lì 30 ore circa. 

Quando lo tireremo fuori dal frigo sarà perché abbiamo deciso di infornare le pizze 5 ore più tardi, facciamo allora i nostri calcoli: e sarà meglio tenere limpasto al limite qualche ora in più in frigo piuttosto che rischiare di tenerlo troppo a temperatura ambiente.

Una volta tirato fuori lo sistemiamo in spianatoia lievemente infarinata e pratichiamo due giri di pieghe a fazzoletto. Poi dividiamo l’impasto in due o tre a seconda del numero di pizze che vogliamo fare o anche dieci se le vogliamo piccine, riponiamo di nuovo in ciotola o vassoio coperto da dei canovacci e stendiamo la/le pizze solo prima di infornarle. E a quel punto si presenterà piena di bolle grandi e piccole da non schiacciare durante la stesura perché le daranno sofficità e carattere, in cottura 😊 le stendiamo su un piano insemolato o infarinato delicatamente con le mani, e procediamo con la farcitura a nostro piacimento. Il fornetto che ho usato io in vacanza scalda fino a 250 e ho cotto le pizze a questa temperatura per 20 minuti in teglia unta .per i primi 15 minuti ventilato e ho coperto la teglia con un foglio di carta stagnola per non seccare troppo i pomodorini e i restanti sempre a 250 ma statico. 

La pizza delle vacanze ci piace proprio. 😃

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Mirto homemade

Finalmente imbottigliato. Edizione tardiva 2016. Quantità di nicchia quest’anno : due bottiglie. Per pochi eletti😂
Qua in Sardegna il liquore di mirto è un classico. Si è sempre fatto in casa vista l’abbondanza di bacche che regala la nostra macchia mediterranea . Si raccoglie a dicembre nel momento di massima maturazione e si mette a macerare per qualche mese nell’alcol..

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Focaccine alla ricotta

Eccole ! a grande richiesta le ho rifatte e persino pubblicato la ricetta .. così le prossime volte che mi chiedono di rifarle la troverò sul mio blog invece che andare a scartabellare la mia agenda infarinata e ingolfata da decine di pezzetti di carta scarabocchiati , appunti su angoli di tovaglioli di carta e post it appiccicosi che spuntano tra le pagine. Dovrei dedicare un post a quella mia agenda .. così preziosa ma così … gipsy per così dire…